In un mondo come il nostro, che tende a spingerci ogni giorno verso il baratro della routine e del dovere, facendoci dimenticare persino che siamo vivi, è necessario trovare qualcosa che riesca a farci evadere verso realtà diverse. L’unico modo che abbiamo per farlo è attraverso una cosa che troppo spesso teniamo chiusa nel cassetto, ovvero la fantasia. La fantasia e l’immaginazione sono le uniche cose gratis in grado di renderci felici, seppur in modo temporaneo.
Ed è inevitabile che, nella nostra realtà, dove ciò che non si paga è visto con sospetto, le persone abbiano messo da parte l’immaginazione per fare spazio a false promesse di felicità ben incartate e pubblicizzate: si preferisce un gioco alienante su uno smartphone a una storia di cui potenzialmente potresti decidere trama e colpi di scena. E’ più facile affidarsi completamente a un qualcosa che un altro ha deciso che va bene per te, piuttosto che prenderci la briga di crearci il nostro attimo di svago da zero.
Ma va bene così, perché è in questo contesto così arido e automatizzato che mi inserisco io. Anche se le storie non vanno più di moda, sono sicura che la curiosità faccia ancora l’uomo ladro e questo mi basta per sentirmi in diritto di parlare di uno dei più antichi e affascinanti miti di sempre: il mito delle sirene.
LE SIRENE NELL’ANTICHITA’
I primi a parlare di questi esseri fantastici sono stati gli Assiri (intorno al 1000 a. C), con la leggenda della dea-luna Atargatis, mezza donna e mezza pesce, madre della regina assira Semiramide. Gli Assiri credevano che il sole e la luna si tuffassero nel mare alla fine dei loro viaggi attraverso il cielo e, dunque, era più che normale che avessero un corpo che permettesse loro di vivere sia fuori sia dentro l’acqua. La dea Altargatis era innamorata di un semplice mortale, ma lo uccise involontariamente. Vergognandosi dell’omicidio commesso, saltò in acqua trasformandosi in una sirena.
“E’ donna per metà della sua lunghezza; ma l’altra metà, dalle cosce ai piedi, si dilunga in una coda di pesce”.– Luciano di Samosata, De Dea Syria Parte 2, Capitolo 14
Nell’antica tradizione greca, invece, prima di essere note come creature marine le sirene erano immaginate come metà donne e metà uccelli. L’origine letteraria del termine sirena arriva dall’ Odissea di Omero, nella quale, queste creature vengono presentate come delle ‘guardiane’ cantatrici di un’isola, a ridosso di Scilla e Cariddi. Nell’ episodio tratto dal racconto greco le sirene attiravano i marinai con il loro canto per farli naufragare sugli scogli, pronte a rapirli e a divorarli.
“Avvicinati dunque, glorioso Odisseo, grande vanto dei Danai, ferma la nave, ascolta la nostra voce. Nessuno mai è passato di qui con la sua nave nera senza ascoltare il nostro canto dolcissimo: ed è poi ritornato più lieto e più saggio. Noi tutto sappiamo, quello che nella vasta terra troiana patirono Argivi e Troiani per volere dei numi. Tutto sappiamo quello che avviene sulla terra feconda.”– Odissea, canto XII.
Si dice che Omero avesse descritto il loro aspetto fisico basandosi su una nozione già consolidata con le avventure di Giasone e degli Argonauti. In questo racconto le sirene avrebbero avuto invece il compito di consolare le anime dei defunti accompagnandole, con il loro canto, nell’Ade.
“Le sirene lo stregano con il loro canto soave, sedute sul prato; intorno hanno cumuli d’ossa di uomini imputriditi, dalla carne disfatta”- le sirene spiegate da Circe a Ulisse.
LE SIRENE IN ORIENTE
Nel lontano oriente, le sirene erano le mogli dei potenti draghi del mare, sicure messaggere tra i loro sposi e l’imperatore sulla terra.
Le ningyo invece sono le sirene del Giappone. Secondo la mitologia non sarebbero fanciulle affascinanti dalla coda di pesce come le leggendarie sirene della cultura occidentale, bensì esseri orribili e terrificanti: pesci con un viso umano e spesso corna o altri particolari diabolici, oppure creature più simili a scimmie con corpo e denti da pesce, squame dorate e brillanti e la voce simile a quella delle allodole. Si dice inoltre che fossero famose per le loro carni, profumate, deliziose e con l’incredibile capacità di allungare la vita o addirittura donare immortalità. Il momento ideale per la cattura sarebbe prima delle tempeste.
Le antiche scritture giapponesi raccontano che nel XVII secolo, a Wakasa, un pescatore notò una sirena appoggiata ad uno scoglio e la uccise. Nel ritorno verso riva però, colto forse dal senso di colpa, la rigettò in mare. Dal quel giorno, per diciassette giorni, una terribile tempesta sconvolse la costa, seguita da un violento terremoto, che aprendo una voragine nel terreno, risucchiò la città di Ootomi. Molti credono che l’evento fosse una punizione scagliata dal Dio del Mare.
LE SIRENE NELLE ISOLE BRITANNICHE
Nelle mitologie anglosassoni e norrene, la sirena viene invece assimilata ad altre figure come ad esempio ninfe e spiriti acquatici.
«Come una donna fino alla vita, lemani lunghe e i capelli morbidi, il collo e la testa a tutti gli effetti come quelli di un essere umano. Le mani sembrano lunghe e le dita non sono separate, ma unite in una rete come quella sui piedi degli uccelli acquatici. Dalla vita in giù questo mostro sembra un pesce, con scaglie, coda e pinne. Si mostra soprattutto prima di forti temporali. Quando i marinai la vedono giocare con i pesci o gettarli verso la nave, temono di essere condannati a perdere diversi membri dell’equipaggio, ma quando getta il pesce dalle imbarcazioni i marinai lo prendono come il buon auspicio che non soffriranno perdite nella tempesta in corso. Questo mostro ha una faccia orribile, con ampia fronte e gli occhi penetranti, una bocca larga e il doppio mento».– dallo Speculum Regale.
Nella mitologia scozzese Ceasg è una sirena dalla coda di salmone che, se catturata, in cambio della libertà esaudisce tre desideri. Tuttavia chi se ne innamora è destinato a disperdersi nelle profondità marine
Con l’avvento del cristianesimo la leggenda delle sirene si adeguò ai tempi. Nacque la versione della sirena che desiderava avere un’anima ma che, per conquistarsela, doveva promettere di vivere sulla terra rinunciando al mare. La promessa, impossibile da mantenere, condannava le sirene a una perpetua e infelice lotta con se stesse.
Secondo una storia del VI secolo d. C., una sirena si recava tutti i giorni da un monaco di Iona, un’isoletta scozzese. Pregava con lui perché Dio le concedesse un’anima e la forza di lasciare il mare. Nonostante la sincerità del suo desiderio e il suo amore per il monaco, la sirena fu incapace di rinunciare al mare. Le lacrime che pianse abbandonando l’isola si trasformarono in sassi e, ancora oggi, le pietre verdi della costa di Iona si chiamano “lacrime di sirena”.
Una piccola curiosità: questa leggenda è stata ripresa anche nel quarto capitolo di “Pirati dei Caraibi”-Oltre ai confini del mare.
LE SIRENE NEL FOLKLORE SLAVO
Le Rusalki sono la controparte slava delle sirene: erano le anime di giovani donne suicide, morte per annegamento o uccise nei pressi di laghi e fiumi, spesso dai loro amanti o dalle loro madri. Tornavano poi a infestare il luogo in cui erano morte, ma non avevano un carattere malvagio. Se la loro morte veniva vendicata, potevano trovare finalmente la pace e scomparivano. Ma potevano diventare Rusalki anche donne che di notte si imbattevano in un corteo di queste creature leggendarie. In questo caso non potevano più tornare a casa e il mattino dopo la loro famiglia trovava una ghirlanda di fiori nei pressi della casa.
AVVISTAMENTI CELEBRI E LE SIRENE NELLA LETTERATURA
Esistono molte altre storie di uomini venuti in contatto con le sirene.
1493: Cristoforo Colombo vede tre sirene saltare in mare. Colombo scrisse nel diario della sua nave: «non erano così belle come vengono dipinte, anche se in qualche misura hanno un aspetto di un uomo in volto».
1590: William Shakespeare scrive nell’opera “Sogno di una notte di mezza estate“:
«Appressati, Puck. Tu certo ben ricordi quando dalla cima d’un alto scoglio udii una sirena assisa sul dorso di un delfino la quale effondeva nell’aria tanto soavi ed armoniosi accenti che il rude mare s’ingentilì al suo canto, e alcune stelle, impazzite fuori balzaron dalle sfere per ascoltare la melodia dell’equorea fanciulla marina».
1614: il capitano John Smith, conosciuto soprattutto per Pocahontas, vide una sirena al largo della costa del Massachusetts e scrisse:
«La parte superiore del suo corpo è perfettamente simile a quello di una donna e stava nuotando con tutta la possibile grazia vicino alla riva». Aveva «grandi occhi un po’ troppo rotondi, un naso finemente formato (un po’ troppo corto), orecchie ben fatte, un po’ lunghe e i suoi lunghi capelli verdi le impartivano un carattere curioso tutt’altro che poco attraente».
1836: Hans Christian Andersen scrive la fiaba della “Sirenetta“, ben diversa da come narrata dalla Disney. La sirenetta infatti si serve del principe poiché l’unico modo che ha di avere un’anima immortale come quella degli uomini è sposare un uomo; le condizioni che la strega del mare le pone all’avverarsi del suo desiderio inoltre sono tutt’altro che disneyane, infatti:
“A ogni passo che farai, sarà come se camminassi su un coltello appuntito, e il tuo sangue scorrerà. Una volta che ti sarai trasformata in donna, non potrai mai più ritornare a essere una sirena! Non potrai più discendere nel mare dalle tue sorelle. E se lui sposerà un’altra, il primo mattino dopo il matrimonio il tuo cuore si spezzerà e tu diventerai schiuma dell’acqua!”
E, dato che il principe alla fine sposa davvero un’altra donna, per salvarsi è costretta a compiere una vera e propria strage (che certamente non poteva far parte del cartone animato):
“Prima che sorga il sole devi infilzarlo nel cuore del principe; quando il suo caldo sangue bagnerà i tuoi piedi, questi riformeranno una coda di pesce e tu ridiventerai una sirena e potrai gettarti in acqua con noi e vivere i tuoi trecento anni prima di morire e diventare schiuma salata.”
1911: Infine, uno dei miei autori preferiti, J.M.Barrie, descrive così il momento in cui appaiono le sirene, nella laguna della sua Isola che non c’è, nel libro Peter e Wendy:
” Se strizzate gli occhi e siete fortunati, potreste avere la ventura di scorgere una macchia informe, di un delicato azzurro pallido, sospesa nell’ oscurità. Se li strizzate con più forza, la chiazza comincerà a prendere forma e il colore si farà così vivido che , sforzandovi ancor di più, lo vedrete farsi rosso come il fuoco. Ma un attimo prima che diventi rosso come il fuoco, vedrete apparire la Laguna. Sulla terraferma è questo l’unico momento paradisiaco. Se potessimo avere a nostra disposizione un secondo momento, riusciremmo a vedere le onde spumeggianti e le sirene che cantano.”